Il nastro bianco

di Sara Sesti

 



Anni 1913-1914. In un villaggio protestante nel nord della Germania la vita si presenta con i ritmi delle stagioni e con la sua monotona ripetitività fino a quando accade un fatto inspiegabile: il medico si frattura gravemente una spalla in seguito a una caduta da cavallo dovuta a un filo solido ma invisibile teso sul suo percorso.

A raccontare gli avvenimenti è la voce di un anziano: all'epoca dei fatti era il maestro arrivato in loco da un paese non troppo lontano. L'attentato al medico però non resta isolato. Altre violenze si susseguiranno sotto lo sguardo attento e misterioso dei bambini delle varie famiglie: una morte nei campi, brutalità sul piccolo erede del severo barone e su un ragazzino handicappato.

La vita trascorre in ambienti spogli: uomini duri, donne servili, un rigido pastore protestante che col nastro del titolo richiama alla purezza i suoi figli. In un clima di opprimente attesa Michael Haneke ( Funny games, La pianista) continua lucidamente e implacabilmente la sua analisi delle relazioni tra gli esseri umani incentrando la sua attenzione su un microcosmo che assurge a laboratorio del futuro della Germania.

Il maestro giunto da fuori osserva, si innamora, capisce

Grazie a un bianco e nero accecante che scatena le ombre, il regista austriaco costruisce un clima di opprimente attesa. Ciò che gli interessa non è tanto scoprire chi sta all'origine degli inattesi episodi di violenza, quanto piuttosto riflettere su una società che sta ponendo a dimora i semi che il nazismo, dopo la Prima Guerra Mondiale, farà fruttificare.

11-11-09